21 febbraio 2023

Prot. n. 661/2023

Oggetto: Lettera Circolare Quaresima 2023

Alle Comunità Medee

ICA BB

Carissime sorelle,

il tempo va veloce, la quaresima è alle porte ed eccomi a voi con questa lettera circolare in cui desidero offrire qualche spunto per vivere questo tempo non in modo generico, ma calato nella nostra realtà per vedere sempre più distintamente da lontano ogni cosa (Mc 8, 25). Non si può non prendere le mosse dalle assemblee celebratesi in ICA  28-29 dicembre 2022 e in BB 11-12 gennaio 2023 dove è emersa una sintonia commovente intorno ai valori spirituali che ci coinvolgono e che, a questo livello, non si era mai colta precedentemente; Il filo rosso che unisce e tiene insieme realtà umane differenti per spazi, culture, lingue, cammini abita il nostro DNA spirituale e visibile. Il quarto centenario dell’incontro col Padre (1624-2024) di Medea che ci prepariamo a vivere sembra già preannunciare la benevolenza divina e tutte desideriamo ardentemente che si trasformi in una pioggia di grazie sul nostro piccolo grande Istituto e su ciascun suo membro per la gloria di Dio.

In questa lettera saranno focalizzati due aspetti che sfiorano le trasformazioni in cui oggi siamo inseriti sia come chiesa in cui ci si sta rendendo consapevoli di essere sinodali nella nostra stessa essenza, sia come cosmo che porta l’impronta trinitaria nel suo essere di cui ciascuno di noi è manifestazione ed espressione. Tutto questo lo leggeremo in quella piccolezza, fragilità, insignificanza, secondo i criteri del mondo, che è il nostro Istituto, ma che nella logica di Dio, ritrova tutto il suo significato profetico, dato che Lui predilige il piccolo, il debole, il fragile per mostrare che è Lui il Creatore e il Signore e noi sue creature. Più queste creature che Lui sceglie sono fragili, più manifestano la grandezza di Dio e la sua differenza.

È ormai appurato che L’Istituzione religiosa in genere è immersa nella cultura sinodale e ne possiede tutti gli strumenti. Forse dovrebbe riconoscersi in questa terra natale e assumerla nei suoi tratti identificativi e profetici. Cerchiamo intanto di dimostrare questa affermazione, analizzando la nostra Istituzione, così unica e significativa sotto questo aspetto. Abbiamo già, nella precedente lettera, dimostrato che l’Istituzione stessa è il diretto prodotto del percorso di un gruppo di giovani che insieme hanno vissuto il cammino degli Esercizi ignaziani: insieme hanno   sperimentato la fraterna correzione alla luce della Parola; Insieme andavano per i vicoli della città a incontrare gli stranieri che giungevano a Genova con le galere in cerca di lavoro e di una vita migliore, insieme hanno preso la decisione (concertata) dicono, di habitare in una stessa casa, mettendo in comune (insieme) ogni cosa.

La dimensione sinodale accompagna la vita dell’Istituzione. Emblematico è l’atto aggregativo: quando una giovane, attratta dalla forma di vita delle sorelle appartenenti all’Istituzione, manifestava il desiderio di farne parte, una volta superata la prova circa la consistenza di quel desiderio e le qualità necessarie, si procedeva all’atto solenne dell’accettazione della candidata dove erano presenti oltre al collegio delle sorelle al completo, il garante spirituale nella persona del Direttore gesuita e quello civile nella persona del notaio. La formula pronunciata e scritta nell’atto notarile era la seguente: il nome della candidata seguito dall’espressione: è ammessa in una del collegio; talvolta era usata quest’altra formula: il nome della candidata seguito da: è ammessa in altra del collegio. Particolari che dicono poco se considerati fuori di questo contesto, ma in esso evidenziano l’aspetto più significativo della sinodalità che vuole portare in comunione le diversità per creare un’unità in alterità. Si noti che anche la denominazione, collegio, societas, compagnia ha tutta la sua eloquenza in relazione all’argomento.

Nella nostra capillare rivisitazione del carisma, sta riemergendo con tutta la forza, quello che fu agli inizi e che è là sempre come segno profetico impaziente di riesplodere oggi in tutta la sua rinnovata vitalità su uno spazio concreto, visibile, storico dove, la sua genuina forza, libera da aggiustamenti, da interpretazioni superficiali, possa ricreare l’Opera della Maggior Gloria di Dio. Scrutando dentro quel minimo testo giuridico che ha segnato la primigenia esperienza della prima Compagnia di Medee, cogliamo che la ricaduta nel quotidiano andava verso l’altro in età di formazione e, in particolare, dato il contesto storico, verso la donna: bambina, adolescente, giovane tanto importante nella società quanto era trascurata.

Partiamo allora da quel testo: Il suo particolare essercitio sia insegnare a figliole lavorare e legere alevandole nel santo timor di Dio (RO 3). Ciò che emerge e che assorbe tutto il resto è l’espressione alevandole nel santo timor di Dio. Illuminiamo quell’espressione attraverso il PF degli Esercizi ignaziani: l’uomo, la donna sono stati creati semplicemente per lodare, riverire, servire Dio nostro Signore e facendo questo salvare la propria anima. L’azione centrale del fine è riverire che deriva dal latino vereri che significa avere timore, onorare. Il timore di Dio è nell’elenco dei sette doni dello Spirito e lo troviamo all’ultimo posto, e nella Scrittura è in relazione diretta con la Sapienza che occupa il primo posto (cfr Pr, 9, 10). Possiamo dire che il timor di Dio è, nel cuore della persona, il seme della sapienza.

 

Io credo che, proprio per questo il primo gruppo, in modo quasi spontaneo, si sia rivolto all’azione educativa per collaborare con il Creatore affinché il seme della sapienza nel cuore dei piccoli avesse a sviluppare e crescere per la lode e il servizio di Dio: solo raggiungendo la sapienza del cuore, la persona diventa l’Opera di Dio, la sua presenza nel mondo, la sua maggior Gloria. È molto significativo per la nostra missione di educatrici dell’uomo e della donna completi, partire dal gradino che apre la salita, il timore di Dio. Il senso della propria creaturalità di fronte a Colui che ci ha tirato fuori da sé, imprimendo dentro di noi la sua immagine quindi simili a Lui, non può che lasciarci confusi per il grande onore di cui da Dio siamo stati insigniti. Gli atteggiamenti propri della Creatura non possono che essere di grande rispetto, di attenzione, di vigilanza per non travalicare, per restare al proprio posto di creatura che non abusa dei doni ricevuti, ma che ne fa un uso corretto per sé, tenendo conto degli altri (vedere il PF).

 

Vivere, rivestiti di questi atteggiamenti, educatrici ed educandi, insieme, apre al dialogo con il Creatore a cui si manifestano i desideri di bene, di bellezza, venga il tuo Regno, di vita buona, sia fatta la tua volontà e il Creatore viene percepito come Padre di cui fidarci ed affidarci e dal cuore scaturiscono sentimenti di amore, di lode. È il secondo gradino, la Pietà, la figlia del santo timor di Dio. Se ben consideriamo, nei bambini scopriamo che è innato il senso di Dio, della preghiera.

 

Procedendo nella salita il nostro piede si ferma sul gradino della scienza, è il tempo dell’apertura alla conoscenza, ai tanti perché con la scoperta del bene e del male, del bello e del brutto, del buono e del cattivo che abitano dentro di noi, fa capolino la tentazione che necessariamente attraversa la vita nostra e dei nostri educandi. Ed ecco che conoscere Gesù, sentirlo uno di noi, grande amico, vero, fedele amico che ci parla del Padre e che ci insegna che cosa chiedergli, oltre il pane quotidiano, il perdono da ricevere e donare, gli chiediamo di non lasciarci soli nella tentazione, ma di essere la nostra forza per vincerla e pertanto in grado di collaborare con Dio al bene dell’universo. E qui abbiamo sfiorato il gradino della fortezza. Gesù con la sua Parola e con i Sacramenti ci rende forti contro il male, vincitori e capaci di compiere il bene.

 

A questo punto la persona può considerarsi pronta per affrontare la vita, viverla, sui gradini del Consiglio, dell’Intelligenza, unificando il tutto nel soffio leggero della Sapienza dove Dio si riconosce nella sua creatura, ciascuna nella propria missione “molti a continuare la specie, altri a rendere splendida la specie, rigenerando creature nell’amore”. È questa la missione di noi consacrate Medee, accompagnare la crescita del seme del santo timore di Dio presente nel cuore dei piccoli fino al suo sviluppo fino a divenire a loro volta l’Opera della gloria di Dio, portando avanti questa missione educativa come madri, maestre, pedagoghe, allargando sempre più la rete di quanti si rendono consapevoli del fine della propria vita che è il riverire e servire Dio a lode della sua gloria.

 

Questo progetto educativo contenuto nel PF degli EE. SS. Ignaziani è potenzialmente presente in ogni uomo, in ogni battezzato, ma in noi, consacrate Medee diventa missione, missione di profeta nell’educare secondo il progetto che Dio ha iscritto nel cuore di ogni sua creatura e in questo modo collaborare a restaurare la sua immagine nelle sue creature. Quanto i nostri bambini, ragazzi, giovani hanno oggi bisogno di trovare l’orientamento buono, giusto, vero alla loro vita! Alle Suore Medee non è lecito trascurare o soffocare questa loro prerogativa di visibilità che è data dalla scuola: sono nate per accompagnare la crescita della persona secondo il disegno meraviglioso del suo Creatore che vuole contemplarsi nell’opera delle sue mani, in un modo unico nell’uomo e nella donna le sole creature che ha associato a sé per rendere più bella la creazione.

 

In questa quaresima auguro ad ogni suora Medea di riscoprire nella sua più profonda interiorità la primigenia passione che l’ha portata alla consacrazione in questo Istituto e di rivedere il proprio cammino di crescita alla luce di quel percorso educativo dentro cui la nostra fondatrice ci colloca, quello che abbiamo tentato di percorrere nelle sue tappe, inglobato tra il santo timor di Dio come punto di partenza e la sapienza

punto d’ arrivo: “Il principio della sapienza è il timore di Dio” (Pr 9, 10), sempre consapevoli che, educando noi stesse, educhiamo gli altri, impegno mai finito. Certo questa riflessione sfiora solamente contenuti educativi che meritano grande approfondimento.

 

Camminando verso una sempre più vicina conformazione a Gesù, facendo nostri i suoi sentimenti, vi auguro di cuore un buon cammino con Gesù verso il compimento della sua missione che contempliamo nella morte di croce e nella resurrezione.

Vi saluto di cuore e abbraccio una a una,

vostra aff.ma

 

 

Madre Nives Zacchello