Prot. n. 615/21

 

Oggetto: Lettera Circolare Natale 2021

Alle Comunità Medee

Il nostro Natale sotto il segno della Comunità: la Comunità trinitaria decide di inviare uno di loro, il Figlio a prendere carne umana per salvare il genere umano (EE.SS 102). Da questa decisione tutto si mobilita e questo movimento giunge fino a noi, ci tocca e ci coinvolge. Decidere è veramente importante! Vi sono una decisione e un invio, entrambi necessari per mobilitare la storia verso il suo compimento. Il sì del Figlio e il sì della Madre sono stati determinanti perché questo accadesse. Che cosa sarebbe avvenuto se fosse mancato o l’uno o l’altro sì?

Oggi tocca a noi alle nostre Comunità inserirsi in questo movimento di vita con le nostre decisioni con i nostri sì con il nostro essere inviate. Il mistero dell’incarnazione sta all’origine di tutto questo e, dato il tempo liturgico che viviamo, siamo obbligate a soffermarcisi. Nel mistero contempliamo Dio che prende la nostra carne, la prende da una Donna che, per un privilegio, ha voluto che non fosse contaminata dal peccato.

Noi siamo contaminati dal peccato e il nostro accogliere il Verbo esige il cammino di conversione, quella conversione che Giovanni come voce di uno che grida nel deserto ci ha indicato: Preparate la via del Signore (Lc 3, 4). Lui vuole prendere la nostra carne, come ha fatto con Maria perché attraverso noi vuole continuare oggi a salvare l’umanità. Questa è la strada dei profeti, la strada percorsa e indicata dal profeta che sta nel passaggio dall’antico al nuovo testamento, Giovanni il Battista, strada aperta alla nuova profezia che continua oggi dalle consacrate Medee sulla scia di questo profeta, il più grande tra i nati di donna, (MT 11, 11) come di Lui Gesù stesso ebbe a dire. Ma la vera sfida della profezia sta nella proposizione avversativa che segue ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui. Sono i paradossi presenti nell’annuncio della buona novella.

Questo ci consola molto per essere i più grandi tocca diventare i più piccoli. Possiamo ancora vedere un esempio di questo nella nostra sorella Margherita, lei ha preparato la via del Signore e lo ha confermato negli ultimi giorni della sua vita. Lei è veramente stata la più piccola, non ha mai svolto uffici di prestigio, i servizi più umili, più piccoli sono stati i suoi fin dagli inizi della sua vita nell’Istituto all’età di 15 anni e svolti con gioia, responsabilità e amore insieme al limite e talvolta al peccato.

La sfida profetica che siamo chiamate oggi ad accogliere, lanciata dal nostro recente Capitolo non ha nulla di grandioso e di impossibile e non è per addetti ai lavori. E’ una sfida che interpella tutte come Comunità e come altra, partendo dalle piccole e più comuni cose della vita secondo la propria vocazione e missione. Il Figlio di Dio compare nella nostra storia, piccolo bambino, in una stalla, riscaldato da un bue e un asinello, la condizione più umile e più povera. Eppure è il Signore, l’autore di tutto.

Noi cerchiamo di non alzare il tono della nostra voce, non puntare il dito, non stare alla ricerca di colpevoli, controllare le parole che sforniamo, coltivare l’igiene nella nostra mente come coltiviamo quella dei nostri ambienti, avere rispetto della persona e del mistero che racchiude, concepire pensieri buoni, positivi a cui far seguire gesti gentili e azioni buone, non avere grandi pretese, quelle che non si po’ permettere una persona che vive del proprio lavoro, il tanto quanto (EE.SS 235). Questo stile di vita mette in essere la parola che scende su ciascuno di noi come è scesa su Giovanni nel deserto e che continua a trasformare la storia come piccolo seme che non si vede, ma che pur c’è e va crescendo. Chi avrebbe pensato che il piccolo seme della parola nel terreno della vita di Margherita stava crescendo producendo quel bel frutto finale?

Ogni Comunità può domandarsi: In questa precisa realtà la mia Comunità, quella che è, come può accogliere ed esprimere la sfida del proprio essere profeta oggi, mettendo nel sottofondo il proprio carisma?

Ciascuna altra può domandarsi, come io rispondo alla missione profetica che Dio mi ha affidato e sull’esercizio della quale Lui conta ed è pronto a intervenire come ha fatto con i profeti? D’altronde la vita consacrata, nella costituzione della Chiesa, ha il suo posto nella dimensione profetica.

Con queste semplici riflessioni in cui il nostro protettore, Giovanni Battista, quale profeta che segna il passaggio dall’Antico al Nuovo Testamento ha ricevuto un posto rilevante, desidero augurare ad ogni Comunità e ad ognuna in particolare un Santo Natale della Incarnazione, permettendo, mediante la nostra conversione, che il Verbo prenda carne in ciascuna di noi come ha fatto con Maria.

Auguri, buon Natale!

Vostra in Gesù Maria,

Madre M. Nives

Superiora Generale