Articolo ultimo per il Cittadino

Sono passati quattro secoli e il nome Medea risuona nel corpo generato, le Medee, nelle quali continua l’Opera a cui Lei, docile allo Spirito Santo, ha dato principio. Tutto in Medea è estremamente semplice ed essenziale, il suo carisma va al cuore stesso del Vangelo, nel punto d’arrivo della vita del Figlio su questa terra che si consuma durante una Cena nello spezzarsi per fare comunione, nell’indossare il grembiule per il servizio più umile, lavare i piedi ai suoi, nel suo consegnarsi su una croce, per la vita degli amici, la gloria di Dio.

Questo è il cammino del Figlio di Dio, questo è il percorso che Medea insieme ad alcune amiche ha compiuto, consegnandolo alla storia, nella forma più disadorna che ci si possa attendere, per una continuità ininterrotta, come lei stessa preconizza nel suo testamento. Ecco i punti chiave della sua consegna:

-Primo hanno da vivere in comune ogni cosa (Regola Originaria, 1);

-Il loro principale scopo sia venire perfette serve del Signore col dare buona edificazione a tutti (RO, 2);

-Così come si è dato principio a sì santa opera, si degni Sua Divina Maestà conservarla ed augmentarla per la sua maggior gloria e per il bene particolare e universale delle anime redente dal suo preziosissimo sangue (RO, 31).

Chi era Medea? Una donna vissuta a Genova tra la seconda metà del Cinquecento e la prima metà del Seicento, tempo propizio che lasciava spazio alla spiritualità. Erano infatti, ormai presenti in Genova tutti i nuovi Ordini di preti riformati che con i loro differenti carismi raggiungevano le diverse realtà sociali, coinvolgendo anche le donne.

La vita di Medea, dalla nascita alla morte si muove tra il quartiere delle Grazie, al Molo antico, la piazza Sarzano e il quartiere di San Donato, dove la Congregazione si stabilisce e opera per ben tre secoli nella medesima casa, in vico Biscotti, dedicata alla formazione delle giovani.

Tutto comincia in quel 1580 con l’arrivo a Genova del padre gesuita Bernardino Zanoni il quale individua subito in Medea la persona su cui investire il suo patrimonio spirituale e non esitò a guidarla nel cammino degli Esercizi Spirituali ignaziani.

La spiritualità degli Esercizi si incarnò in lei tanto che divenne a sua volta guida per altre giovani donne. Di fatto, intorno a lei si formò un gruppo di amiche che condividevano gli stessi ideali di contemplazione della Parola e di apostolato. Tra esse vi era anche la beata Maria Vittoria De Fornari Strata su cui fece breccia la dimensione contemplativa della vita e fondò il Monastero della SS.ma Annunziata.

Il legame di Medea con queste amiche fu tale che decisero di vivere insieme nella spiritualità degli Esercizi in cui l’apostolato è la normale conseguenza. Questa scelta creava difficoltà all’interno della Chiesa istituzionale del tempo: tuttavia Medea la difese ad oltranza. Intendeva superare – uscire – dalle scelte obbligate – matrimonio o vita di clausura –  secondo l’uso dell’epoca ma, nello stesso tempo rimanere fedele alla Chiesa ed ai suoi canoni. Trovò il suo equilibrio mediante la risposta più consona al suo sentire, condiviso con le amiche, e ai bisogni della società che necessitava di risanare una piaga alla sua radice, la cura della donna, attraverso una formazione adeguata alla sua missione di sposa e di madre.

È qui che si innesta il percorso educativo che mira ad accompagnare la ragazza fino a renderla in grado di compiere in piena libertà le proprie scelte di vita.

Medea, nella sua Regola fissa un chiaro orizzonte: esercizio particolare [è] insegnare a figliole […] allevandole nel santo timore di Dio. È su questo principio – uno dei sette doni dello Spirito – che si apre il percorso formativo per giungere alla sapienza, dove sta la piena maturità della persona.

La scuola, la catechesi, l’accompagnamento spirituale sono stati gli ambiti dell’impegno apostolico delle Medee nei secoli in fedele continuità a quella radice, riscoperta nella sua genuinità dopo che la Chiesa, con il Concilio Vaticano II, ha spalancato l’orizzonte della vita consacrata, puntando alla dimensione profetica dei carismi di fondazione. Anche le Medee, come gli altri Istituti, hanno compiuto la fatica di andare all’origine del proprio esistere, dove, con le luci emergevano le ombre a dare movimento, profondità e creatività alla figura di Medea che non si finisce di conoscere e riconoscere.  L’essenza del suo carisma si concentra nella Regola scritta di suo pugno e nel suo testamento. Là, in quelle minime formule, quali scintille catturate dalla Verità, si trova una risposta di vita e di senso valida nella evoluzione del pensiero di tutti i tempi.

Il carisma, piccola luce, ha continuato a rimanere vivo, talvolta anche sotto le ceneri, sì, perché la storia delle Medee si svolge bene incarnata nelle realtà dell’uomo, lasciandosi sempre sfiorare dall’arte   delicata dei passaggi che segnano la sua storia, mostrando agevolmente Colui che ne è la guida e ne segna il cammino. Nel 1920 da papa Benedetto XIV il carisma della vita consacrata delle Suore Medee ebbe riconoscimento ufficiale. La Regola di Medea elevata a Costituzione permette a questa minima compagnia di entrare nella struttura costitutiva della Chiesa dove, insieme alla gerarchia vivono i carismi in quella dimensione profetica che permette alla Chiesa stessa di respirare con i suoi due polmoni, quello istituzionale e quello profetico.

Da quel momento inizia anche per le Medee una nuova stagione in cui dal nido protetto in cui per tre secoli erano vissute, il centro storico di Genova, spiccano il loro volo per altri lidi non solo in Italia [Piemonte, Veneto, Toscana, Lazio, Puglie Calabria], ma anche America Latina, Albania, Africa. Ovunque la loro presenza rimane realtà di piccolo gregge dove vive e da dove si irradia la forza di quel mistero pasquale di cui sono custodi e testimoni per la Maggior Gloria di Dio.